Don Giovanni Serio, una storia di vocazione al vino e al Signore

 

Enologo nel sangue. In fondo, come fa notare lui, ha solo cambiato calice! Don Giovanni Serio è il nuovo parroco della chiesa di Santa Maria della Porta a Lecce. Prima della vocazione, però, aveva intrapreso il percorso per diventare enologo. Amore rimasto acceso nel suo cuore nonostante la scelta successiva di consacrarsi a Dio.

Dal vino all’altare. Don Giovanni, come è avvenuto il passaggio tra le due vocazioni?
Diciamo che si sono rincorse in maniera parallela. Sono nato infatti a San Pietro Vernotico in una famiglia a vocazione agricola, dove già ai tempi nel mio bisnonno si respirava l’odore acre del mosto e si faceva il borsino merci del vino a Lecce. Poi ho un altro cugino enologo nel Lazio. La prima è stata una scelta naturale, insomma, e quindi sono andato a studiare enologia a Locorotondo, al Basile-Caramia, dove sono stato compagno di Massimiliano Apollonio. Il collegio, il sabato a casa: quegli anni mi hanno formato moltissimo, come hanno formato tanti altri giovani.

E la scelta del percorso spirituale, invece?
È avvenuta nel 1992, dopo un anno di università a Bari. Sono così entrato in seminario a Molfetta e ci sono rimasto sei anni, ma sempre conservando il bagaglio umano e cultura di quell’esperienza a Locorotondo e con il dubbio di aver fatto una scelta azzeccata. Ma sono sempre più convinto sia stata la strada giusta, per me. Nel 2011 mi sono quindi laureato in Filosofia all’Università del Salento, poi sono stato parroco della chiesa di San Filippo Smaldone, che ho contribuito a costruire come comunità. E oggi, oltre a guidare da poco la parrocchia di Santa Maria della Porta, reggo l’ufficio pastorale della famiglia e della vita della Diocesi di Lecce.

E il vino?
E il vino, rappresentando il sangue di Cristo, costituisce l’animus di questa esperienza.