Enoturismo, Consorzi di tutela e strategie territoriali

di Luigi Bonifazi

Il Dm 12 marzo 2019, n. 2779 – pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 89 del 15 aprile 2019 – ha disciplinato e inquadrato sotto il profilo normativo l’attività enoturistica, formulando linee guida, requisiti e standard minimi di qualità, con particolare riferimento alle produzioni vitivinicole del territorio, utili per l’esercizio di una tale attività.
È doveroso ricordare che il cosiddetto enoturismo racchiude in sé una serie di attività finalizzate alla conoscenza del vino, sia con azioni di carattere formativo che informativo, con particolare riguardo alle produzioni vitivinicole che hanno uno stretto legame con il territorio, come le Dop e le Igp, ma anche tutte le produzioni locali e tipiche, come le Specialità tradizionali garantite (preparazioni alimentari ottenute utilizzando materie prime tradizionali o caratterizzate da una composizione tradizionale o che hanno subito un metodo di produzione e/o trasformazione tradizionale riconosciuto) e tutti i prodotti tradizionali nonché i prodotti di montagna, anch’essi recentemente disciplinati con un’apposita normativa (“Prodotto di montagna” è una indicazione facoltativa di qualità, istituita dall’art. 31 del Reg.(Ue) 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari per migliorare la commercializzazione dei prodotti della montagna e comunicare ai consumatori la provenienza e le caratteristiche di questi prodotti).

Le aziende agricole, e le imprese vitivinicole in particolare, ormai da tempo applicano i criteri di multifunzionalità mediante l’esercizio delle attività connesse disciplinate dal D. Lgs. 18 maggio 2001, n. 228, un provvedimento normativo che ha dato uno slancio significativo alla nuova configurazione dell’impresa agricola riconoscendo nuove opportunità di reddito e di posizionamento economico attraverso attività “connesse” accanto a quelle tradizionalmente rivolte alla produzione ed alla trasformazione.
Ovviamente tra le attività connesse c’è proprio l’enoturismo, materia disciplinata dal già citato Dm 12 marzo 2019, all’interno della quale assumono rilievo fattori immateriali e simbolici, in altri termini culturali (Vedi l’innovativo articolo di apertura del Testo unico del vino, vero faro guida della disciplina vitivinicola nazionale riportato nel box a fianco), che rappresentano una sintesi tra know-how (sempre più indirizzato verso competenze scientifiche di altissimo livello) e gli elementi territoriali ed ambientali in grado di produrre effetti economici diretti non solo a beneficio delle imprese vitivinicole, ma dell’intero sistema sociale e produttivo locale.

Aumentano le responsabilità per i consorzi di tutela

I consorzi di tutela sono depositari di incarichi di assoluto rilievo definiti dall’art. 41 del Testo unico del vino, che nel corso degli anni si sono arricchiti di contenuti dettagliati in modo approfondito dal Dm 18 luglio 2018. Tra gli incarichi più importanti c’è di certo la gestione della denominazione tutelata con particolare riguardo all’equilibrio tra domanda ed offerta, ma è da evidenziare la forte propensione all’implementazione delle misure di promozione a fianco alle aziende per sviluppare la conoscenza ed il prestigio dei prodotti, soprattutto nei Paesi terzi, così come l’attività di vigilanza svolta sotto il coordinamento dell’Icqrs e prevalentemente esercitata nella fase del commercio. Il passaggio tra promozione di prodotto e promozione enoturistica è piuttosto naturale, tanto che i consorzi di tutela sono chiamati a dotarsi di strategie anche in ambito di enoturismo. Raccontare il prodotto attraverso il proprio territorio è infatti una delle missioni di cui vengono investite queste associazioni di produttori che vedono allargare fortemente il loro raggio di competenza a seguito della pubblicazione del nuovo regolamento sulle indicazioni geografiche. Se è vero quindi che i consorzi, in collaborazione con enti pubblici e privati, possono promuovere con l’articolo 41 del Testo unico del vino (la nostra norma nazionale) le attività dell’enoturismo, d’altro canto la norma comunitaria professa un approccio un po’ diverso, ponendo le basi per una rinnovata propensione alla sostenibilità delle attività vitivinicole e dei territori in senso lato, con la possibilità di prevedere interventi obbligatori direttamente a disciplinare di produzione, ma anche con la cura del paesaggio (argomento già trattato nel precedente numero di ottobre).
Un’ulteriore indicazione su una materia relativamente recente, ma dalla quale ci si attende un ulteriore progressivo potenziamento, è stata introdotta proprio dal Reg. (Ue) 2024/1143 di riforma del sistema delle IG che ha attribuito ai consorzi di tutela nuovi compiti e responsabilità. Al riguardo, l’articolo 32, paragrafo 4, del regolamento europeo suggerisce che i consorzi possono intraprendere azioni finalizzate a migliorare le prestazioni dell’indicazione geografica (anche in termini di sostenibilità ambientale, sociale ed economica), tra cui lo sviluppo di servizi turistici nella zona geografica della IG. Si tratta di un cambio di passo per le strategie consortili: infatti i consorzi sono ora chiamati ad intervenire direttamente su tematiche di più ampio respiro e che vedono, quindi, accrescere notevolmente le proprie responsabilità e le possibili interlocuzioni con le istituzioni coinvolte in ambito territoriale, avendo capacità di intervento in relazione allo sviluppo dei servizi turistici con gli obiettivi di sostenibilità, come detto, al centro delle politiche europee. Non si tratta solo di un incarico e un appesantimento burocratico che interviene sui gruppi di produttori, ma dell’opportunità di rispondere alle più recenti richieste dei consumatori.
Quindi il ruolo dei consorzi, nell’ambito della materia dell’enoturismo, è stato ridefinito significativamente attraverso la riforma delle indicazioni geografiche, un regolamento che è stato pubblicato a fine aprile e che è entrato in vigore il 13 maggio scorso: si tratta di un contesto estremamente recente ed attuale per il quale vale pena di effettuare velocemente le necessarie riflessioni.

Un nuovo cambio di passo all’insegna della professionalità

È abbastanza ovvio che per affrontare questo nuovo scenario possa essere non solo utile, ma necessario, studiare il contesto economico (anche quello più ampio) all’interno del quale le imprese, e quindi anche i consorzi, si trovano ad operare: è di certo rilevante il dover affrontare le motivazioni e le conseguenze di un calo strutturale dei consumi, ma ancora più importante conoscere i fattori di scelta del consumatore che sempre più influenzano le dinamiche commerciali delle aziende. Per giunta le imprese si trovano a dover affrontare delle nuove sfide in una fase economica non favorevole dovuta da una parte all’ aumento dei costi di produzione, e dall’altra ad una ridotta propensione alla spesa da parte del consumatore cagionata dalle dinamiche dell’inflazione che ne ha ridotto la capacità di acquisto.
I nuovi indirizzi della disciplina comunitaria hanno recepito i cambiamenti dello scenario economico nel quale ci troviamo ad operare, e tracciano di conseguenza gli orientamenti che si rifletteranno, poi, sulla disciplina nazionale. Tra gli argomenti introdotti dal regolamento sulle indicazioni geografiche si deve prendere atto di un approccio sostenibile che coinvolge a tutto tondo l’attività nel settore vitivinicolo, con delle fondamentali indicazioni sull’aspetto salutistico che, ovviamente, non può prescindere dagli orientamenti dati dalle più recenti ricerche scientifiche, tali da influenzare significativamente gli orientamenti comunitari. Ed è in questa ottica che va promosso il consumo responsabile e moderato di vino nell’ambito di uno stile di vita sano ed equilibrato. Per ragioni analoghe, ma passando da considerazioni profondamente diverse, alcuni mercati sembrano avere un forte orientamento nei confronti dei vini dealcolati. Si tratta di aspetti anche innovativi sui quali di certo si può molto discutere, ma che indubbiamente influiscono sin da ora, e più ancora in una prospettiva di breve-medio termine, sulla domanda da parte del consumatore. D’altro canto, l’offerta da parte delle imprese non deve essere inquadrata esclusivamente in una logica di prodotto (il vino), ma anche di un’esperienza rivolta al turismo tematico, con un approccio formativo ed informativo nei confronti del consumatore in grado di trasmettere certamente un racconto del territorio e della sua cultura e dal quale emergano anche forti connotazioni di sostenibilità e salubrità, di cui il settore vitivinicolo è naturale ambasciatore.

A questo proposito si deve sottolineare l’importanza di un racconto e di una esperienza offerta al visitatore attrattivi ed esaustivi, e quindi forniti da personale professionale presente nell’azienda in grado di comunicare un messaggio efficace e di livello, inquadrato in una logica di sistema territoriale. E per questo deve essere curata la formazione teorico-pratica per le imprese e per gli addetti in collaborazione con le associazioni più rappresentative dei settori vitivinicolo e agroalimentare come puntualmente previsto dal Dm 12 marzo 2019. Si tratta di uno dei capisaldi di questa attività in grado di offrire servizi di qualità non solo all’interno delle aziende vitivinicole, ma anche presso tutti gli attori che operano sul territorio, come i ristoratori e gli altri operatori commerciali e artigianali

L’importanza di vitigni autoctoni e vigneti eroici

La Legge 12 dicembre 2016, n.238 (il cosiddetto Testo unico del vino) ha sviluppato alcune tematiche importanti da oramai diversi anni: in particolare con l’art.6 è stato sviluppato il tema del vitigno autoctono, del quale manca ancora, come ultimo tassello, il decreto applicativo. I vitigni autoctoni rappresentano di certo una delle chiavi di racconto ed approfondimento in ambito enoturistico, mentre l’articolo 7 parla maggiormente di fattori ambientali e paesaggistici trattando la materia dei vigneti eroici e storici (disciplinati con apposito decreto applicativo DM 30 giugno 2020) ed individuando le “tecniche sostenibili legate all’agricoltura tradizionale, di produzione integrata, secondo le linee guida nazionali sulla produzione integrata (LGNPI) o del sistema di qualità nazionale di produzione integrata (SQNPI), o di produzione biologica impiegate nel rispetto degli elementi strutturali del paesaggio e con tecniche e materiali adeguati al mantenimento delle caratteristiche di tipicità e tradizione delle identità locali”. All’interno di questo importante dispositivo legislativo si possono cogliere alcuni degli elementi fondamentali su cui si incardina il valore della capacità di racconto, e quindi di storytelling, con il quale è possibile affrontare l’attività enoturistica sotto una chiave capace di includere i più recenti requisiti di sostenibilità.

Il ruolo dei consorzi di tutela e degli altri enti territoriali

Una delle sfide da perseguire per migliorare le performance del turismo tematico sta nel destagionalizzare i flussi rendendo i territori attrattivi durante tutto l’anno, connettendo le aree urbane alle aree rurali interne, in molti casi definite impropriamente aree marginali, offrendo ai visitatori un approccio lento e riflessivo che presuppone anche un turismo meno affollato e, ovviamente, sempre legato al prodotto, ma con l’orientamento di più ampio respiro che abbiamo avuto modo di descrivere.

Tra le priorità del Reg. (Ue) 2024/1143 c’è una forte indicazione che ancora deve essere recepita a livello nazionale: la costituzione di una rete territoriale tra enti e amministrazioni locali (come enti di promozione turistica, strade del vino, movimento turismo del vino ed altri soggetti) diventa, infatti, una priorità. In questa dinamica i consorzi di tutela sono istituti giuridici in grado di rappresentare ed aggregare le imprese ed integrarle nel sistema che non è, e non può essere, esterno all’attività imprenditoriale e che di fatto esercita una forte influenza nell’attività imprenditoriale stessa. Diventa necessario un cambio di passo finalizzato a sviluppare le comunità ed il valore dei nostri borghi impattando positivamente sui territori: un obiettivo ambizioso che richiede una cabina di regia territoriale perché la nuova sfida è quella di gestire non solo le vendite di prodotti e servizi enoturistici, ma anche il paesaggio e le aree interne (argomento già ripreso e trattato nell’Approfondimento normativo del mese di ottobre). C’è necessità di una rete tra i vari soggetti coinvolti, che verosimilmente avranno modi diversi di approcciare le varie tematiche e possibili difficoltà di interlocuzione, ma dalla cui pianificazione, progettazione e monitoraggio degli interventi dipende lo sviluppo del prossimo futuro.

 

L’ARTICOLO 1 DEL TESTO UNICO DEL VINO

Una delle novità più rilevanti della legge 12 dicembre 2016, n. 238 riguarda l’articolo di apertura, che riconosce in maniera innovativa “il vino, prodotto della vite, la vite e i territori viticoli, quali frutto del lavoro, dell’insieme delle competenze, delle conoscenze, delle pratiche e delle tradizioni” come patrimonio culturale nazionale, da tutelare e valorizzare – precisa lo stesso articolo – negli aspetti di sostenibilità sociale, economica, produttiva, ambientale e culturale.

 

 LE PRINCIPALI ATTIVITA’ ENOTURISTICHE PREVISTE DAL DM 13 MARZO 2019

  • Visite guidate ai vigneti dell’azienda e alle cantine.
  • Visite nei luoghi di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, della storia e della pratica dell’attività vitivinicola ed enologica in genere.
  • Iniziative di carattere didattico, culturale e ricreativo svolte nell’ambito delle cantine e dei vigneti, ivi compresa la vendemmia didattica.
  • Servizi di degustazione e commercializzazione delle produzioni vitivinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, da intendersi quali prodotti agroalimentari, anche manipolati o trasformati, già pronti per il consumo.