Dall’impero romano a oggi, il Lazio è fucina di grandi vini

a cura di Angelo Valentini

 

La storia dell’uomo, la civiltà, ha inizio quando il genere umano si dedica alla fertilità della terra, per soddisfare la sete e il corpo. Per gli antichi Egizi il vino era un nettare riservato ai faraoni e ai sacerdoti, i Fenici e i Greci lo diffondono in tutte le coste del Mediterraneo, ma sarà poi la civiltà romana a diffonderlo in tutto il resto d’Europa. I greci venerano Dioniso, Dio della vite e del vino, mentre Bacco per i romani era il Dio dell’ebrezza.

Una storia antichissima

Il Lazio vanta radici storiche antichissime, dal I secolo a.C. al III secolo le legioni romane diffondono la vite e il culto del vino in tutta la penisola e in ogni provincia dell’Impero. Nella Gallia scoprono l’utilizzo della botte di legno fino allora sconosciuta come contenitore. A metà del 1500, in pieno rinascimento, Castore Durante, umbro di Gualdo Tadino, laureato in medicina presso l’Università di Perugia, viene nominato dal Papa Sisto V medico della Corte Pontificia, in virtù delle sue opere: “Erbario Nuovo” e il “Tesoro della Sanità”. Il primo volume sulle virtù delle piante officinali, il secondo sulla sanità degli alimenti e alcune regole sull’uso e l’abuso del vino.

Alla fine del 1500, esattamente nel 1596, Andrea Bacci di Sant’Elpidio a Mare, archiatra pontificio, dedica al cardinale Ascanio Colonna l’opera monumentale in sette volumi dal titolo “De Naturali Vinorum Historia”, una guida attenta e dettagliata delle varie regioni vitivinicole italiane, con menzione dei vini del territorio, oltre ai riferimenti storici di provenienza.
Dalla caduta dell’Impero romano, al Medioevo, alla fine dello Stato pontificio, buona parte del territorio agricolo della regione era di pertinenza di poche famiglie aristocratiche, appartenenti alla cosiddetta nobiltà nera di nomina pontificia. Famiglie principesche derivanti da antichi lignaggi baronali romane, che ebbero grande influenza nel medioevo. Tutto il contado era sotto il dominio e la protezione di questi casati: “Colonna, Orsini, Sacchetti, Massimo, Patrizi Nara Montoro, Serlupi Crescenzi, Caetani, Ruspoli, Borghese, Chigi”. Le proprietà erano talmente vaste che nessuno di loro ne conosceva i confini. La produzione agricola era limitata al frumento, al vino, beni primari delle loro terre condotte da famiglie mezzadrili. Il vino non aveva etichette, portava il nome del casato e servito su caraffe d’argento o di cristallo.

 

Con il ‘900 inizia una nuova era

Occorrerà attendere il ‘900 per l’inizio di una nuova era per l’agricoltura laziale: sparisce in parte il latifondo dominio di pochi, la terra sarà frazionata e condotta buona parte a mezzadria, favorendo le famiglie numerose, e a conduzione diretta da parte di piccoli e grandi proprietari con manodopera a compenso salariale. Il vino esce dall’anonimato. Ogni territorio o colle avrà il suo nome derivante dal vitigno, le bettole medievali si evolvono in osterie qualificate dotate di calici, bicchieri e misure in vetro con il bollo dello Stato.
Gli aspetti prettamente agresti e rudimentali dei prodotti agricoli cominciano a fare presa sui turisti e ad avere un ruolo importante grazie alla comunicazione. Giornalisti e scrittori nord-europei si interessano alla nostra Penisola. Hans Barth, scrittore tedesco nato a Stoccarda nel 1862 e morto a Roma nel 1926, durante la guerra, stabilitosi a Lugano, evocò la dolce vita romana con profonda nostalgia, terminata la guerra tornò a Roma. Ai viaggiatori e scrittori provenienti dal nord Europa, si aggiunge un altro genere di letteratura popolare che raccoglie in versi dialettali romaneschi la voce del popolo della Roma del XIX secolo. Roma attualmente è la città con il più alto numero di trattorie e ristoranti tipici, oltre agli innumerevoli alberghi, enoteche, osterie, tutte frequentate da un turismo internazionale. Citarli tutti i locali è impossibile, ma una menzione per l’enoteca Trimani è doverosa. Esiste dal 1821.

Le principali zone di produzione

Le principali zone di produzione del Lazio si concentrano nella provincia di Viterbo con l’Aleatico di Gradoli che comprende vari comuni che si affacciano sul lago di Bolsena. Per poi scendere nella zona di Aprilia dove troviamo il Trebbiano bianco di Aprilia. Un altro bianco è quello di Capena, nel comune di Roma, realizzato con uve di Malvasia, Trebbiano e altri vitigni complementari. Trebbiano e Malvasia sono vitigni che appartengono anche alla zona di Cerveteri. Altre zone particolarmente vocate alla viticoltura sono quella dei Colli Albani e Lanuvini, di Montefiascone con il noto Est Est Est, di Frascati, di Marino, Velletri e le terre della provincia di Frosinone e Latina. Insomma, quasi tutto il territorio laziale regale ottimi vini.

 

I personaggi

Tra i personaggi che hanno caratterizzato l’enologia laziale citiamo uno per tutti: Ezio Rivella, piemontese trapiantato a Marino, la zona dei Castelli Romani. Già presidente di Assoenologi, ha contribuito e contribuisce ancora oggi a rendere ancora più importante il ruolo dei vini di questa regione. Che ha una consistenza produttiva attuale che si aggira attorno a 1.500.000 ettolitri di cui il 76% di vini bianchi e il 24% di rossi.